Le fatture dei costi in fotocopia non sono sufficienti per il Fisco.
Le disposizioni sulla tenuta e conservazione delle scritture contabili sono norma speciale rispetto al regime civilistico della prova documentale che, quindi, non si applica al processo tributario
Non sono deducibili i costi documentati unicamente da fotocopie di fatture, salvo che il contribuente dimostri di non essere in possesso dei documenti originali per causa a lui non imputabile.
È quanto chiarito dalla Corte di cassazione con l’ordinanza n. 20365 del 31 luglio 2018, secondo cui l’obbligo di conservare gli originali delle fatture inerenti i costi sostenuti per l’esercizio dell’attività d’impresa, prescritto dall’articolo 22 del Dpr 600/1973, costituisce una deroga ai principi civilistici, che, invece, conferiscono alle fotocopie non disconosciute la medesima efficacia probatoria dei documenti originali.
La vicenda processuale
Con sentenza del 27 aprile 2015, la Commissione tributaria regionale dell’Emilia Romagna ha confermato la decisione resa dal giudice di prime cure, che aveva parzialmente annullato l’avviso di accertamento emesso ai fini Iva, Ires e Irap, per l’anno d’imposta 2006, dalla direzione provinciale di Bologna.
Con l’atto impugnato l’Agenzia delle entrate aveva recuperato alcuni costi considerati non deducibili dalla società accertata o perché non inerenti all’attività di impresa o perché non adeguatamente documentati.
Secondo il giudice di secondo grado, dal momento che l’Agenzia delle entrate si era limitata a contestare genericamente la deducibilità dei predetti costi, la documentazione in atti sarebbe ampiamente sufficiente a provare l’esistenza, l’inerenza e la deducibilità degli stessi costi.
Avverso la decisione di secondo grado, l’Agenzia delle entrate ha proposto ricorso per cassazione deducendo – ex articolo 360, primo comma, n. 3, cpc – la violazione/falsa applicazione degli articoli 109 Tuir e 2697 cc, 22 Dpr 600/1973, 115 cpc, per avere erroneamente affermato la decisione impugnata la deducibilità dei costi in oggetto in presenza di un quadro fattuale non contestato, che evidenziava, di contro, l’assenza dei presupposti richiesti dall’articolo 109 del Dpr 917/1986 sia in punto di esistenza sia di inerenza.
La decisione della Corte
Preliminarmente, la Corte di cassazione, nel ribadire un proprio orientamento consolidato (cfrCassazione, 13300/2017, 26840/2010, 4554/2010, 11240/2002), ricorda che incombe sul contribuente “…l’onere della prova dell’esistenza, dell’inerenza e, ove contestata dall’Amministrazione finanziaria, della coerenza economica dei costi deducibili”, precisando, inoltre, che “non è sufficiente che la spesa sia stata contabilizzata dall’imprenditore, occorrendo anche che esista una documentazione di supporto da ricavare, oltre che l’importo, la ragione e la coerenza economica della stessa, risultando legittima, in difetto, la negazione della deducibilità di un costo sproporzionato ai ricavi o all’aggetto dell’impresa”.
Nel caso di specie, chiarisce il Giudice di legittimità, l’Agenzia delle entrate ha ritenuto indeducibili le spese postali, in quanto documentate solo in fotocopia; nonché le spese di rappresentanza relative a viaggi sostenuti da una persona fisica non socia, né rappresentante della società nell’anno accertato, né destinataria di procura speciale documentata.
La società contribuente non ha contestato il quadro fattuale di riferimento.
Ciò posto, secondo la Corte di cassazione, la decisione del giudice di seconde cure è censurabile, in quanto si pone in contrasto con l’orientamento giurisprudenziale ricordato, oramai consolidato, che fa gravare sul contribuente l’onere di dimostrare la deducibilità dei costi contestati dall’Agenzia.
Il giudice di secondo grado, infatti, pur in presenza di un quadro fattuale non contestato dalla contribuente, ha ritenuto i rilievi dell’Agenzia troppo generici, riconoscendo la deducibilità dei costi in oggetto, sovvertendo così l’onere della prova (cfr in proposito Cassazione, 16461/2013).
Nello specifico, la Commissione tributaria regionale ha omesso di “…rilevare che l’art. 22 del d.P.R. n. 600/1973, che esige di conservare gli originali delle fatture inerenti i costi sostenuti per l’esercizio dell’attività d’impresa, costituisce una deroga ai principi generali del diritto civile, secondo i quali le fotocopie non disconosciute hanno la medesima efficacia probatoria degli originali, di modo che va esclusa la deducibilità dei costi documentati unicamente da fotocopie di fatture, salvo che il contribuente fornisca una plausibile giustificazione della mancata conservazione dei documenti originali per causa a lui non imputabile”.
Ciò premesso, il Giudice di legittimità ha cassato la sentenza impugnata, rinviando la causa al giudice a quo per il prosieguo del giudizio nell’osservanza del principio di diritto enunciato.
Osservazioni
La pronuncia in commento ribadisce un principio di diritto già in precedenza espresso dalla Corte di cassazione con le sentenze 2898 e 4502 del 2009.
Secondo l’orientamento del Giudice di legittimità, la normativa tributaria, pur mutuando alcuni principi di base dal diritto civile, ove compatibili, per molti altri aspetti si discosta dalla normativa civilistica, proprio in ragione dell’indisponibilità del rapporto tributario e, conseguentemente, del suo regime probatorio.
Benché, dunque, l’articolo 2712 cc preveda che “Le riproduzioni fotografiche, informatiche o cinematografiche, le registrazioni fonografiche e, in genere, ogni altra rappresentazione meccanica di fatti e di cose formano piena prova dei fatti e delle cose rappresentate, se colui contro il quale sono prodotte non ne disconosce la conformità ai fatti o alle cose medesime”, di diverso avviso è l’articolo 22 del Dpr 600/1973, secondo cui “…devono essere conservati ordinatamente, per ciascun affare, gli originali delle lettere, dei telegrammi e delle fatture ricevuti e le copie delle lettere e dei telegrammi spediti e delle fatture emesse”.
L’articolo 22 citato è norma speciale rispetto al regime civilistico della prova documentale disciplinato dall’articolo 2712 cc, che, quindi, non si applica al processo tributario.
Dunque, il contribuente può dimostrare la sussistenza dei requisiti prescritti dall’articolo 109 del Dpr 917/1986 (Tuir), ai fini della deducibilità dei costi, solo producendo documentazione originale, salvo giustificare il fatto di non aver conservato gli originali per causa non imputabile, ad esempio per distruzione accidentale o forza maggiore.
Fonte: Fisco Oggi, Rivista Telematica dell’Agenzia delle Entrate – articolo di Sapia Rutigliano
pubblicato Venerdì 24 Agosto 2018